Gen.2019 C’è una bellissima poesia di Edith Nesbit, The things that matter, che mi viene in mente ogni volta che durante le mie escursioni incontro ruderi a testimonianza di una passata presenza umana, che sia un vecchio ricovero pastorale, un antico casale, una rocca medioevale o un antico villaggio come in questo caso (il borgo medioevale di Tolfa Nuova), queste pietre più o meno sparse mi rammentano che per quanto accumuliamo nella nostra vita non potremo portare nulla con noi dopo la morte, tantomeno quel che lasceremo, per quanto “solido e ben costruito”, sarà destinato a durare a lungo, tutto lentamente tornerà alla terra sia in senso metaforico che reale e ovviamente, prima di tutto, il nostro corpo; e allora come nella poesia della Nesbit mi domando cosa resterà di tutto ciò che ho imparato, se sia più importante conoscere una ricetta per dei buoni biscotti o la Divina Commedia, se sia più importante aver visitato Parigi o i vicoli di un paese di cui non ricordi neppure il nome, sapere perché un aereo può volare nel cielo o dove preferisce posarsi il pettirosso nel mio giardino, se sia più giusto investire il tuo tempo per cercare di far carriera a lavoro o nel perseguire le tue passioni anche se non ti portano denaro, …
In effetti non sono vere e proprie domande quanto dubbi che tornano a galla ogni volta, eppure queste struggenti rovine non mi mettono tristezza, al contrario mi infondono un senso di pace, mi testimoniano che alla fine ci sarà sempre una specie di “redenzione universale”, la livella di cui parlava così argutamente Totò, e mi spingono ad essere più umile (una parola oggi così desueta!).
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