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Maupan Photo

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Mar.2018 Strano che guardando questa immagine mi siano venuti in mente i miei primi scatti, mio padre mi aveva regalato una sua vecchia macchina fotografica a soffietto, e scelsi di andare a fare le mie prime foto agli scavi archeologici di Ostia Antica, erano foto in bianco e nero, un po’ perché avevo letto che bisognava iniziare da lì (B&N) un po’ perché costava di meno poi lo sviluppo, ma mi bastarono pochi rullini per capire che la mia passione doveva essere a colori; e di colori non mi sono mai saziato, ed anzi è stato proprio con l’avvento della fotografia digitale e con lo sviluppo del lavoro di post-produzione che mi sono sempre più soffermato a studiare questo inifinito mondo; a ben pensare infatti quando c’erano i rullini (fotografia analogica), sia che fossero negativi che dia, alla fine alla resa finale ci pensava il laboratorio, e tu potevi fare ben poco se non cambiare marca di rullino o laboratorio, magari così ci si affezzionava ad una particolare pellicola e ci si fidelizzava ad un particolare laboratorio (ed anche lì comunque non mancavano le sorprese!).
Oggi è completamente diverso, non sei solo responsabile dello scatto ma anche del risultato finale, oggi quando guardo un cielo so che quello che noi sommariamente chiamiamo “un cielo azzurro” può assummere centinaia e centinaia di tonalità diverse (a causa di molteplici variabili come: temperatura della luce, inquinamento atmosferico, inclinazione dei raggi, etc.), tonalità che tra l’altro il nostro meraviglioso occhio può cogliere se gli insegnamo a farlo, ed il discorso si può estendere ovviamente a tutto: al colore del mare, al colore dell’erba, al colore della notte, al colore di un fiore!
Ed anche se so che alla fine il risultato stesso di quello che noi vediamo non sarà uniforme perché influenzato da altrettanti fattori come: la luce ambiente, il profilo colore del programma che stiamo utilizzando, la tipologia del monitor e della scheda grafica del pc, comunque penso che valga la pena di immergersi in questo meraviglioso mondo di colori e perdere un po’ più di tempo per pubblicare una foto.
Buona visione con la cartolina di Marzo di Maupanphoto.com

minia mostra "Magnum Manifesto" Guardare il mondo e raccontarlo in fotografia
mostra fotografica al Museo dell'Ara Pacis a Roma
07 febbraio 2018 / 03 giugno 2018

Arriva a Roma, nella sua prima tappa europea e unica italiana, la mostra Magnum Manifesto; l’intento della mostra è quello di celebrare il settantesimo anniversario della più grande agenzia fotogiornalistica del mondo, Magnum Photos, creata da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour nell’aprile del 1947; da quel giorno, la Magnum Photos è diventata un riferimento nel tempo sempre più importante per la documentazione e per il fotogiornalismo; gli autori di Magnum hanno documentato guerre, testimoniato le tensioni sociali, interpretato il nostro tempo, ritratto tanto le persone comuni quanto i grandi della terra, preconizzato i nuovi drammi del futuro.
La mostra raccoglie parte del lavoro realizzato in tutti questi anni e getta uno sguardo nuovo e approfondito sulla storia e sull’archivio dell’Agenzia; le immagini celebri e i grandi reportage dei suoi autori permettono di comprendere in che modo e per quale motivo Magnum sia diventata diversa, unica e leggendaria.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni: la prima scruta l’archivio di Magnum attraverso una lente umanista e si concentra sugli ideali di libertà, uguaglianza, partecipazione e universalismo che emersero dopo la seconda guerra mondiale; la seconda mostra la frammentazione del mondo tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento, con uno sguardo particolare rivolto alle minoranze e agli esclusi; la terza, infine, segue le diverse forme espressive grazie alle quali i fotografi Magnum hanno colto i mutamenti del mondo e i pericoli che lo minacciano.
(estratto da: http://www.arapacis.it/sites/default/files/f_file/Comunicato%20stampa_4.pdf)


Museo dell'Ara Pacis - Spazio espositivo Ara Pacis
Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli) - Roma
Info line 06.0608
Orari: tutti i giorni 09,30/19,30

cartolina

 

Feb.2018 Incontrare dei vecchi e malandati ruderi durante le mie escursioni in montagna mi fa venire sempre in mente molti pensieri, al di là dei risvolti sociali che si celano dietro l’abbandono delle terre alte da parte dell’uomo moderno, la prima constatazione è quella di notare come pian piano la natura si riappropria di quello spicchio di paesaggio che l’uomo aveva fatto suo, e quanto più la costruzione era fatta con materiali semplici e naturali come la pietra ed il legno tanto più velocemente si armonizza con il paesaggio naturale arrichendolo e non deturpandolo come purtroppo avviene molto spesso con le costruzioni moderne; poi nasce in me una curiosità quasi morbosa che vorrei conoscere a fondo la storia di quel casolare, di quella baita, di quell’alpeggio, cerco di immaginare guardando quelle pietre ed il paesaggio intorno quale fù il motivo che portò a quella costruzione, a quella scelta, ad immaginare come doveva essere quel posto quando era ancora abitato dalle persone.
È a questo punto che mi viene da pensare a chissà quante storie potrebbero raccontare quelle pietre se solo potessero parlare, di quanti sogni, di quanta sofferenza ma anche di quanta vita vissuta tra quegli angoli, di nuove nascite, di nuovi amori, di nuovi baci …a volte rubati di nascosto, di quanto lavoro sudato e faticato, e di quanta dignità; tutto è ormai perso tra quelle pietre che non possono parlare eppure sembra quasi che vogliano gridare a tutti la loro storia, eppure …eppure qualcosa quelle pietre ci raccontano, ci parlano del senso della vita che non cambia con le generazioni, del legame con la natura che è scellerato ignorare, del bisogno di pace per l’uomo interiore come per quello sociale.
E la cosa buffa di questa esperienza è che mi sono accorto che tanto più mi soffermo presso questi antichi manufatti tanto più scopro la foto giusta, riesco a trovare lo scatto che soddisfi il mio desiderio di cogliere il legame che nel tempo si è instaurato tra la costruzione, o meglio quel che ne rimane, ed il paesaggio circostante; ho compreso così che è proprio quando ci si ferma, con la mente e con i passi, che si viene nella possibilità di entrare in contatto con l’ambiente circostante e accade quello che apparentemente all’inizio sembrava impossibile: ascoltare le pietre!
Buona visione e buon nuovo mese con la cartolina di febbraio di Maupanphoto.com

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Gen.2018 Sono tanti anni che fotografo eppure continuo a stupirmi nel constatare che la luce è tutto nella rappresentazione della realtà intorno a noi, è impalpabile, immateriale, si potrebbe dire che non esiste (per lo meno ai nostri occhi) se non in relazione alla materia che attraversa, che incontra e la contrasta, ma ciò nonostante la scopro essere più importante della materia stessa che prende vita di fronte ai nostri occhi proprio grazie a lei; a volte provo a immaginare come potrebbe risultare un oggetto, un luogo, una persona (!) se fosse illuminata sempre dalla stessa identica luce e …mi assale il terrore, per quanto bella e colorata può essere infatti la realtà che ci circonda senza la volubile luce ci apparirebbe in breve pesante, smorta, senza pathos, sarebbe terribile.
E sono centinaia le variabili che subentrano nella propagazione della luce che la stessa scena non potrà mai apparire allo stesso modo col passare del tempo, voglio dire che a ben guardare tutte le scene sono irripetibili perché irripetibile è il momento in cui le abbiamo vissute, che sia l’angolazione del raggio di luce, la densità e il tipo di atmosfera che il raggio di luce attraversa, la sua temperatura, le condizioni ambientali locali e quelle dell’oggetto stesso che viene illuminato, ed ancora tanto altro e la combinazione di tutti questi fattori insieme, fanno si che ogni scena intorno a noi sia unica, e se c’è un momento della giornata in cui questo concetto raggiunge l’apoteosi questo è il tramonto.
Vediamo di fronte a noi come per magia tutto trasformarsi, ogni tramonto ovviamente è diverso, ma solo in alcuni si creano delle condizioni particolari dove la luce dipinge per pochi attimi con dei colori impensabili il paesaggio, in quei momenti si deve avere la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto e la macchina fotografica a portata di mano (quante fotografie amaramente perse nei pochi minuti per andare a prendere la fotocamera!); se si saprà cogliere quell’attimo fuggente, si potrà passare sopra ad una focheggiatura non perfetta, a delle ombre troppo pesanti e ad un dettaglio mancante, perché la protagonista dello scatto sarà lei…la Luce.
Buon Anno e buona visione con la cartolina di gennaio su Maupanphoto.com

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Dic.2017 Il periodo invernale dalle nostre parti si sa comporta meno ore di luce, eppure questa limitazione per chi ama camminare per i monti vista da un certo punto di vista diventa un’opportunità: è in questo periodo infatti che si finisce spesso per scegliere quelle gite non troppo lontane da casa e non troppo lunghe che altrimenti si posticerebbe sempre a “si, magari un’altra volta”; è in questo periodo infatti che è assai più probabile attardarsi alla fine della gita per vedere il sole tramontare; e perché no è sempre questo il periodo che ti fa pregustare al ritorno il calduccio che troverai a casa; o forse son solo io che non ce la faccio proprio a trovare una giustificazione per non andar per monti anche in questo periodo!
Comunque sia buone gite dicembrine con la cartolina di questo mese su Maupanphoto.com

minia mostra "I Grandi Maestri" 100 Anni di fotografia Leica
mostra fotografica al Complesso del Vittoriano a Roma
16 novembre 2017 / 18 febbraio 2018

“I grandi maestri. 100 anni di fotografia Leica” è il nome della mostra in corso fino al prossimo 18 febbraio, al Complesso del Vittoriano (Ala Brasini); come suggerisce il titolo stesso dell’esposizione, l’intento è quello di rendere omaggio a tutti gli artisti che hanno utilizzato per i loro scatti la Leica, la prima macchina fotografica ad essere dotata di pellicola 35 millimetri per i cinefilm, a partire dagli anni anni Venti fino ai giorni nostri. La mostra, promossa e realizzata da Arthemisia e Contrasto, può contare su una selezione di 350 opere che portano la firma dei più grandi interpreti della nona arte; si passa dagli scatti in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, William Klein, Robert Frank, Robert Capa ed Elliott Erwitt fino ad arrivare alle immagini a colori di William Eggleston, Fred Herzog e Joel Meyerowitz.
Si tratta dell’unica tappa italiana di questa esposizione itinerante e la versione romana della mostra dedicherà una particolare attenzione a celebri maestri italiani della fotografia come Gianni Berengo Gardin, Piergiorgio Branzi, Paolo Pellegrin, Valerio Bispuri e Lorenzo Castore.
Oltre alle fotografie di questi grandi artisti, i visitatori potranno ammirare anche riviste e libri rari, documenti originali e macchine fotografiche d’epoca; inoltre, a supporto della mostra, è stato promosso un ciclo di cinque incontri ad ingresso gratuito (fino ad esaurimento dei posti disponibili) che verrà ospitato all’interno della sala Verdi del Complesso del Vittoriano.
(estratto da: http://www.abitarearoma.net/grandi-maestri-100-anni-fotografia-leica-al-complesso-del-vittoriano/)


Complesso del Vittoriano - Ala Brasini
Via S.Pietro in Carcere - Roma
Info line 06 8715111
Orari: da lunedì a giovedì 09,30/19,30 - venerdì e sabato 09,30/22,00 - domenica 09,30/20,30

cartolina

 

Nov.2017 Questo è il tempo dei selfie, delle chat e dei tweet, quello che si fa, che si sta vivendo non è importante tanto quanto la possibilità di farlo sapere a più persone possibile nel più breve tempo possibile, anche a costo di bruciare in un soffio, nel tocco di una tastiera, le emozioni che si stanno vivendo, o di prendere coscienza di quello che si sta facendo o dicendo, si è arrivati all’assurdo che molte persone che commettono un reato vengono scoperte grazie ai video che essi stessi hanno girato e magari messo in rete!!!
Nelle nostre comunicazioni non c’è più alcun processo di sintesi, dov’è finito il famoso “riassunto” che ci facevano fare alle elementari e che tanto ci scocciava perché ci obbligava a pensare, a riflettere su quello che avevamo letto, a ricucire con nostre parole i concetti appena letti?
Eppure quel riassunto era prezioso perché ci insegnava a dialogare, a comunicare, alcuni meglio di altri è vero ma l’importante è che tutti comprendevamo l’importanza del …silenzio, il silenzio che viene prima di scrivere quello che hai pensato, e di quello che segue quando rileggi quello che hai scritto e lo correggi persino!
E lo stesso dovrebbe avvenire con le foto, andrebbero riguardate a casa con calma, dove anche senza essere dei maestri nel settore risulterebbe facile scartare tutte quelle riuscite male o che non dicono gran che, scaricare sui media decine o centinaia di foto (spesso senza neanche aggiungere due parole di commento!), sortisce immancabilmente l’effetto contrario a quello cercato, ovvero, che a parte alcuni fans fedelissimi, la gente smetterà di guardarle.
Ed è un peccato, un peccato perché ognuno di noi può dare il suo contributo per arricchire la comunicazione visiva, con i suoi racconti (parlo di foto ma il discorso si estende a tutte le forme di comunicazione/arte) raccolti dietro casa o dall’altra parte del mondo, non è necessario essere dei grandi fotografi per fare delle belle foto, ma bisogna “guardarle” per poterle trovare.
La cartolina di questo mese di Maupanphoto.com è un po’, come tutte le cartoline che scelgo, un “riassunto”, il trailer di una gita, ma anche, come mi piace pensare ed augurarmi, una porta aperta ad incontrare il paesaggio intorno a noi, a rallentare il passo, a mettersi in ascolto.

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Ott.2017 La cartolina di ottobre di Maupanphoto.com è stata scattata alle prime luci di un freddo mattino di ottobre dalla cima del Monte Amaro, e questa come altre foto scattate in situazioni analoghe mi fanno venire in mente uno dei detti popolari più usati ancora oggi: “Il mattino ha l’oro in bocca”; volendo cercarne le origini sono molto fantasiose quelle che si trovano, ma fondamentalmente tutti sono concordi nel significato da attribuirgli, ovvero che è bene sfruttare le ore del mattino per favorire e rendere più probabili ottimi risultati in quel che si ha intenzione di fare durante la giornata, e la fotografia sicuramente non può che confermare questo proverbio, anzi lo estremizza, si può infatti ben dire dal punto di vista fotografico che è l’alba ad avere l’oro in bocca, i primi raggi di sole infatti dipingono di colori e di vita quelle che fino a pochi minuti prima erano solo delle grigie ed anonime figure, trasformando in “oro” il paesaggio intorno a noi.
Sono momenti indimenticabili in cui vedi sotto i tuoi occhi prendere forma e corpo non tanto un oggetto quanto una montagna intera, un bosco, un lago, momenti mai scontati, imprevedibili, non facili da catturare con una foto, ma se ci riesci riporti a casa degli scatti stupendi.
Per avere questo premio bisogna però pagare lo scotto: trovare la determinazione per svegliarsi molto presto sicuramente, e poi spesso anche quella di abbandonare il caldo sacco-a-pelo per tuffarsi in una gelida brezza mattutina; nessuno se ne è mai pentito è vero, ma poi con il tempo si dimentica, con il tempo si preferisce rimanere a dormire, e allora chissà una foto forse…

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Set.2017 Ci sono dei posti che sembrano essere delle porte per un'altra dimensione, degli angoli dove ti guardi intorno e ti aspetti da un momento all’altro che debba cambiare tutto, che deve cambiare tutto! Dei posti che ti domandi ma dove stiamo correndo, dove sto correndo, dove sto andando quando in fondo quello che ho già mi basta.
Purtroppo come tutti i “posti” non te li puoi portare appresso, e allore ci lasci un pezzetto di cuore e porti a casa un ricordo, un ricordo che per quanto impalpabile, evanescente, è pur sempre così vivo che ti aiuta a guardare alla vita con più ottimismo, con più speranza.
E che Porto degli Infreschi fosse un posto speciale me ne accorsi fin dalla prima volta che lo vidi, nonostante le barche, i turisti della domenica (anch’io lo ero!), mi piacque subito, così ci volli ritornare alcuni giorni dopo senza confusione e fu amore senza fine!
Questa la cartolina di settembre di Maupanphoto.com.

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Ago.2017 Senza volerlo avevo scelto questa foto per la cartolina di agosto di Maupanphoto.com qualche tempo fa, prima che la siccità accentuasse la sua morsa sull’Italia, in questo scatto un po’ tenebroso c’è però tutta la forza vitale della natura; i 4 elementi fondamentali della nostra esistenza: Acqua, Luce (Fuoco), Terra e Aria s’incontrano, s’incontrano in una forra (le Gole del Lacerno) ma a ben vedere s’incontrano in ogni passo lungo il nostro cammino, ed è da questo “incontro” che prende origine e linfa la nostra esistenza.
Se abbiamo occhi per riconoscere questo incontro (e perché no anche prendendo spunto da una foto!) prenderemo coscienza di questa verità, che può sembrare scontata ma che poi di fatto viene spesso negata o meglio ignorata dalle nostre azioni.
Non siamo “ospiti” di questo pianeta, nel senso che non ce ne potremo andar via il giorno che non ci piacerà più, siamo parte di questo sistema; chi romperebbe un bicchiere prima di dissetarsi? Eppure è quello che stiamo facendo ciecamente ormai da molti anni, considerato che abbiamo ben compreso le profonde interazioni che ci legano all’ambiente in cui viviamo; la mancanza di acqua di questi giorni ha una storia antica, nasce prima di tutto dalla mancanza di una coscienza ecologica, vivere in armonia e nel rispetto delle leggi della natura non è un vezzo da “ecologisti” è una necessità vitale per tutti, ed ogni nostra azione può fare la differenza, anche il semplice chiudere il rubinetto dell’acqua mentre ci si lava i denti o spegnere la luce in una stanza…vuota!
Lascia stupiti sapere che per produrre una tazzina di caffè si utilizzano 140 litri di acqua, o per una lattina di cola ben 200, ma il problema non è nell’uso del caffè o di una bevanda artificiale (una volta soddisfatti i bisogni d’acqua primari della popolazione locale ed al di là degli aspetti salutistici o meno di ogni bevanda), ma nel non inquadrare questa produzione, come quella di qualsiasi altra merce, in un ciclo naturale/circolare; la terra ci offre una serie di risorse, l’ingegno umano combina queste risorse in prodotti utili e funzionali al suo benessere, ma se da questo processo dei famosi 140 litri ne restituisce 40 o anche solo un paio inquinati e non più rinseribili in un processo naturale ciclico sta intaccando la ricchezza del pianeta, e non serve “nascondere la polvere sotto il tappeto” perché comunque il prezzo di questa sottrazione dovrà essere pagato da noi o dai nostri figli sotto forma del ristabilimento di quell’equilibrio che l’uomo ha intaccato.
Pensando in grande la nostra Terra è il bicchiere da cui stiamo bevendo, è fuorviante discutere quanto il cambiamento climatico con le sue nefaste conseguenze sia diretta conseguenza delle attività umane, ogni nostra azione o attività che ignora e disattende le semplici regole che la natura ci ha insegnato porterà immancabilmente ad una “sofferenza” del pianeta, che si tradurrà in una sofferenza dei nostri stili di vita, e che sia oggi o domani fa poi tutta questa differenza?

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Valgrande 2017 Siamo abituati a pensare quando andiamo in un posto (penso ai luoghi di vacanza ma in pratica vale per ogni posto non abituale dove passiamo del tempo) a quello che portiamo via, cioè che ci riportiamo a casa, siano ovviamente dei ricordi, delle foto, dei souvenirs, ma ramente ci soffermiamo a pensare a quello che lasciamo; partendo dal presupposto di lasciare un’impronta il più possibile “soffice” del nostro passaggio, e quindi di non inquinare, sporcare o asportare cose dai luoghi dove ci soffermiamo, vi siete mai chiesti se lasciate qualcosa di voi?
Spesso si usa l’espressione riferendosi ad un posto particolarmente bello dove si è stati: “ci ho lasciato il cuore”, ebbene e se ci fosse un pizzico di verità in questo modo di dire!
Magari per molti sarà solo una riflessione vacua, fine a se stessa, ma sto parlando seriamente; non ci accorgiamo quasi mai di quello che lasciamo, se lo lasciamo, in un posto, perché come spesso accade siamo impegnati in altro: concentrati a memorizzare quello che il posto ci offre, raccogliere informazioni e goderci la bellezza del posto, seguire un fitto programma, o perché stiamo in compagnia di altre persone che impegnano la nostra attenzione, o perché siamo pre/occupati da qualche pensiero, tutto assolutamente normale, eppure c’è qualcosa di più proprio lì di fronte a noi, sotto di noi, dietro di noi…è la nostra testimonianza!
Questa riflessione nasce dalla mia ultima esperienza in montagna, nella seconda settimana di luglio sono stato infatti nella selvaggia Valgrande (Verbania/lato piementose del Lago Maggiore), ho percorso i sentieri che portano su alcune delle cime maggiori della zona, ma soprattutto ho percorso in solitaria un trekking di 4 giorni, quindi non lungo ma molto impegnativo sia dal punto vista tecnico (lunghi tratti attrezzati, esposti, su roccia o con traccia esile e mal segnalata) che logistico (due notti consecutive in bivacco): il mitico Sentiero Bove; ideato a fine Ottocento è la prima alta via alpina a tappe (il più famoso Sentiero Roma infatti è di fine anni Venti del Novecento) ma anche la prima via ferrata concepita sulle Alpi!
Ora rispetto alle gite di un giorno, le alte vie (ma in genere tutte le esperienze forti di più giorni in alta montagna), specie se affrontate in solitaria, ti spingono a cercare un legame più profondo con il territorio proprio perché sei lontano da un ambiente a te più familiare (quello in valle per capirsi), così mentre il corpo è impegnato a sostenere lo sforzo fisico la mente, appena il percorso o una pausa ci consentono di rilassarci, inizia a spaziare e va alla ricerca di “compagnia”, prima dentro di noi: con un motivo musicale, una preghiera, il pensiero di una persona amata, ma poi prende confidenza e si allontana da noi (è il momento più bello!!!).
È allora che ti guardi intorno con una consapevolezza nuova, non sei più turista ma ti senti testimone di un posto, sarà per suggestione o per quel sesto senso che alcuni dicono che abbiamo ma avverti l’impronta delle persone che ti hanno preceduto, gli alberi secolari che ti guardano dall’alto, le pietre di un’antica baita in alpeggio, quel sentiero scavato nella roccia, quel prato che libera il tuo sguardo, quelle creste che si accavallano all’orizzonte, tutte queste cose prendono senso proprio perché ci sei lì tu a rendergli testimonianza, hanno bisogno di te come tu di loro, avverti che finanche le gocce di sudore che cadono dalla tua fronte non sono perse per sempre ma lasceranno un segno del tuo passaggio sul terreno che bagneranno, e poco conta che sia infinitesimale.
Questo è il “costo” di andare in montagna da soli, forse tornare un po’ più pazzi di quando si è partiti ma testimoni consapevoli di un disegno affascinante.